di Valeria Papa
SAN DIEGO - Quando è stato pubblicato il mio primo articolo mi trovavo all'aeroporto di Milano Malpensa in attesa dell'aereo. Dovevo far passare il tempo: innumerevoli spruzzate di profumi vari, un giro in libreria, una doverosa seconda colazione e, mentre stavo sorseggiando un cappuccino scorrendo i social, ecco lì la mia bella facciona sorridente con alle spalle la bandiera degli Stati Uniti.
L'attesa era dunque finita e contavo i minuti che mi separavano dal mettere piede sopra un aereo che mi avrebbe condotto dall'altra parte del mondo (non vi nego che una lacrimuccia è rimasta lì lì accoccolata ogni volta in cui pensavo alle persone che mi stavo lasciando alle spalle).
Quel giorno è stato il più lungo della mia vita, non solo figurativamente parlando, dal momento in cui ho volato nove ore all'indietro. Una volta atterrata infatti, mentre voi ve ne stavate belli belli addormentati nel vostro letto da diverse ore, io mi sono ritrovata su una macchina: direzione... photoshooting. Mi è stato concesso giusto il tempo di una doccia nello spogliatoio del palazzetto con aggiunta di qualche minuto per cercare di nascondere il più possibile il jetleg dal mio viso – missione direi fallita – e subito sotto i riflettori a sorridere e a fare espressioni da gangster arrogante davanti alle telecamere.
Facce sconosciute una dietro l'altra si presentavano pronunciando nomi, che a essere onesta, ho impiegato diversi giorni per imparare. Nice to meet you... nice to meet you... nice to meet you: dentro la mia testa un po’ pensavo "ma io che ci faccio qui?".
Mi sono svegliata circa 24 ore fa ormai, con mio marito affianco e mi trovo in un posto nuovo, da sola, assonnata, a blaterare frasi di circostanza in un inglese un po' confuso, visto il mio stato comatoso. Ovviamente sono bastate le sensazioni che mi ha generato prendere un pallone tra le mani per far passare la malinconia e per farmi sentire di nuovo a 'casa'.
I primi impatti raramente sono semplici: in qualche ora di volo ti ritrovi catapultata in un nuovo mondo che, in questo caso, già ruotava prima del tuo arrivo e nel quale devi essere brava a trovare velocemente il tuo spazio.
Puoi avere la fortuna di incontrare persone disponibili ad aiutarti, come ho avuto io soprattutto con la mia prima coinquilina Génesis Collazo che ahimè però non fa più parte della squadra (sì ne ho già avuto due e quello della formazione del roster è un argomento molto interessante che sto approfondendo e del quale vi parlerò al nostro prossimo appuntamento).
Sono passate ormai due settimane dal mio arrivo: allenamenti, giri per San Diego, tra ristoranti, spiagge e foche, esordio a Las Vegas e prima partita e vittoria della storia dei Mojo in casa e... volete saperne di più?
Alla prossima allora.
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