Olimpiadi - 09 agosto 2024, 13:00

Olimpiadi F.: Velasco mura l'ossessione. "Non c'è passato, non c'è futuro. Solo qua e ora"

Il Ct della Generazione di Fenomeni rifugge il ricordo della finale del 1996 e guarda alla prossima sfida. "Penso a quello che ho, non a quello che non ho. Guardo sempre avanti..."

Julio Velasco, seconda finale olimpica da Ct

PARIGI (Francia) - Dopo i successo sulla Turchia che vale la finale olimpica Julio Velasco spazia a tuttotondo su gara, Giochi, ossessione azzurra, finale con gli USA, ansia...

Dovevamo capire che andava tutto bene da quanti familiari sono venuti a trovarti... 
"Allora, vi ho già detto che avere fiducia non è solo dire di avere fiducia. Ho preso tre appartamenti, uno per mia moglie, una per una figlia, una per l'altra figlia con i nipoti, dai Quarti in avanti. A dire la verità mi avrebbe dato appena un po' fastidio pagarle le vacanze di una settimana per non guardare pallavolo... Però pensavo che potevamo farcela di arrivare qui. Non ero sicuro..."

In questa partita forse il punteggio è stato più ampio di quello che si è visto in campo. In tanti momenti della partita si sono accese, ma voi siete state brave a spegnerle...
"Sì, perché loro hanno, innanzitutto, difeso molto e hanno anche contrattaccato con Vargas che come sempre è molto difficile da fermare. Hanno commesso errori, cosa che anche noi abbiamo fatto, più che in altre partite perché c'era pressione. Però, man mano che si è andati avanti, noi abbiamo fatto meno errori è per quello abbiamo vinto". 

"Non abbiamo mai giocato una partita in cui abbiamo dovuto recuperare tanti errori. Questa è la prima, ci siamo riusciti con un altro 3-0. Ora dobbiamo resettare tutto perché la finale sarà tutta un'altra partita, succederà di tutto, come tutte le finali".

Come persona come gestirà un po' il ricordo del 1996? Entrerà in queste notti?  
"Il ricordo del 1996? No, non lo ricordo. Io non lo ricordo. Voi vi ricordate? Io non lo ricordo. Qua e ora".

Vi state aiutando a vicenda in questo "qua e ora"? Perché le ragazze vi si  sono aggrappate molto.   "Sì, perché lo sport è qua e ora. Non è quello che è successo, non è quello che succederà. Ma non solo da una partita all'altra, ma anche da un punto all'altro. Ho insistito moltissimo per eliminare il "mia-mia". Avete presente? "Mia, mia, mia". Dopo ogni errore lo si fa. Qualcuna ancora lo fa, ma non importa cosa è successo. La palla prossima è tutto. Tutto è la palla prossima. Tutto è la partita prossima. Perché così è lo sport. Inutile tutto il resto. Palla su palla, si gioca. E poi quando ci sono errori gravi, io dicevo all ragazza che è una 'fake news', quell'errore non esiste".

Affrontiamo una squadra che per mentalità è così. Quindi cosa può fare la differenza?  "Sì, gli Stati Uniti sono una potenza sportiva, pallavolistica. Ma anche noi. Per quello che io, quando mi parlano, dal '96 penso che siamo un paese che sempre pensa a quello che non ha. L'erba del vicino è più bella. Solo in Italia succedono queste cose. Hai mai sentito questa frase? Solo in Italia succedono queste cose. Non è vero, succedono dappertutto. Però noi siamo fatti così. Ma io combatto questa cultura della lamentela in cui sempre ci manca qualcosa, pensiamo sempre a quello che non abbiamo. Io invece penso a quello che abbiamo. Mi godo questa medaglia d'argento per adesso. Certamente faremo di tutto per vincere la finale. Ma intanto mi godo questo. Mi godo quello che ho".

E anche la squadra, che è cresciuta molto. La squadra, anche dal punto di vista mentale, è cresciuta partita dopo partita.  
"Sì, è cresciuta perché le squadre crescono quando fanno esperienze insieme. E qua abbiamo giocatrici che hanno vinto molto, anche con il club. Però poi bisogna fare un'esperienza insieme, come squadra. E noi lo stiamo facendo. Abbiamo vinto la VNL, perdendo pochissimo. Abbiamo perso una partita 3-2 con Brasile nella VNL. La prima che abbiamo giocato come squadre. Qua abbiamo vinto tutte le partite, però la finale è la finale. Non siamo il popolo scelto. Dio insisto su questo. Dio non ha scelto noi. Non ha scelto nessuno. Ce lo dobbiamo guadagnare. Non vuol dire niente che noi non abbiamo fino ad ora, la finale è la finale. È quello che è così emotiva, così bella da vedere. Speriamo di fare bene".

Oggi c'è qualcosa che l'ha sorpresa o no? "Sorpreso no. A questa età non mi sorprendo di niente. Però si era messa male anche se loro hanno giocato molto meglio in altre partite. Noi abbiamo commesso qualche errore di troppo. Però alla fine noi abbiamo sbagliato meno di loro".

Dopo il set perso con la Repubblica Dominicana aveva parlato di anticorpi. Mi pare che in tutte le partite successive le ragazze abbiano dimostrato di averli...  "Sì, con la Turchia di più. Perché abbiamo sofferto molto in tutti i tre set. Questo è importante perché nella finale soffriremo. Se uno pensa che la finale sarà a senso unico, sicuramente non sarà così. O almeno non a favore nostro. Speriamo non a favore di loro".

Sull'importanza di Egonu ma su una 'non dipendenza' da lei ... "Non lo so se non c'è dipendenza. Però noi evitiamo di esagerare a servirla. Perché ci sono palloni che gli opposti, anche i maschi, fanno molta fatica a chiuderli. Quindi noi evitiamo di darle certi palloni. Perché sono difficili, per lei, per Vargas. A Vargas hanno dato alcuni palloni da dietro e ha fatto fatica. È molto difficile. Abbiamo costruito un gioco in contro attacco quando le posizioni non sono buone per non dare ogni tipo di palla all'opposto. Anche quando abbiamo fatto il doppio cambio ho detto a Cambi di non giocare solo con Antropova".

Adesso c'è il rischio di eccessiva euforia verso la finale? "No, perché dopo questa notte l'euforia penso che passerà. Mi preoccupa, più che l'euforia, quella sensaziona che si pensi che è una opportunità unica, che si deve approfittarne Quello crea ansia. Noi dobbiamo combattere tutto quello che crea ansia. Goderci il fatto di giocare una finale. Loro si devono godere, anche io, di giocare una finale. Per me è un privilegio. È bellissimo giocare una finale. Però è chiaro che una finale ha una pressione nello stomaco, sudano le mani. È un'emozione bellissima, anche se non è piacevole. Poi quando comincia passa. Infatti quella che soffrono di più sono i tifosi. La sofferenza aumenta man mano che uno si allontana dal campo. Quelli che soffrono meno sono i giocatori, poi gli allenatori che possono fare delle cose. Poi ci sono i dirigenti che soffrono come delle bestie. E i tifosi ancora di più. Perché non possono fare niente. devono solo urlare e incitare la squadra"

Coach, quanto pesa l'esperienza degli Stati Uniti, che da quattro edizioni va a medaglia?
"Speriamo che pesi poco. Non lo so. Noi metteremo molto entusiasmo, loro metteranno più esperienza. Le partite sono strane. Le partite non si sa mai come si mettono. Una delle qualità di una squadra è gestire la partita come si mette. Non si fanno troppi calcoli. Mi ricordo quando vincevano gli Stati Uniti maschili, tutti erano sociologi. Gli americani vincono perché vanno via di casa giovani, non come gli italiani mammoni che stanno fino a trent'anni. Gli americani vincono perché è un paese competitivo, dove competono anche i cori delle chiese, a vedere qual è il più buono. Tutte queste spiegazioni qua, negli ultimi vent'anni, gli americani e i maschili non arrivano a una finale. Si vede che vanno via di casa più tardi, non c'è più competizione nei cori. I nostri vanno via più giovani, si vedono, non stanno via a casa. Bisogna giocarle le partite, non fare tante storie. Noi ci crediamo e la giocheremo al meglio delle nostre possibilità".

Che posizione metti questa impresa, rispetto a tutte quelle che hai fatto nella tua carriera?
"Non ci ho pensato. Si penserà quando sarò con il berretto e il cane in piazza. Adesso vado avanti"

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