Internazionale Under | 28 agosto 2024, 13:06

Olimpiadi: Il "Qui, ora" ha radici profonde. Marco Mencarelli spiega il segreto del movimento azzurro

Il direttore tecnico delle nazionali giovanili azzurre illustra i metodi di lavoro del movimento azzurro che, insieme alla Serie A, costruisce numerosissime atlete destinate all'alto livello, con ricambio garantito

Marco Mencarelli

Marco Mencarelli

MODENA - "Qui, Ora". Il mantra della nazionale azzurra guidata da Julio Velasco ha radici profonde e molti padri. Il gruppo che ha trionfato a Parigi due settimane fa, conquistando un oro storico per la pallavolo italiana, è il risultato di un lungo processo selettivo e di affinamento che la Fipav inizialmente, e i Club di Serie A1 poi, hanno sviluppato negli ultimi decenni.


Con il decollo datato 2018. "L'anno dell'opera d'arte di Davide Mazzanti con la medaglia d'argento al mondiale conquistata con un'età media delle sette titolari appena sopra i 24 anni. Lì si vide subito che la squadra aveva un grande potenziale di longevità e che avrebbe potuto mantenere un alto livello di competitività internazionale per diversi anni."

Parlare con Marco Mencarelli, attuale direttore tecnico della Federvolley e ex Ct della nazionale maggiore, del passato, presente e futuro del volley femminile azzurro è un tuffo nell'ottimismo.

Lui conosce bene il tema, avendo visto crescere molte delle medagliate di Parigi. "Molte delle ragazze della nazionale maggiore sono passate per il Club Italia, come Paola Egonu e Alessia Orro, che hanno proprio maturato lì. Peraltro, Paola è stata una mia scelta, e il suo percorso di crescita è stato seguito anche da Marco Paglialunga, Luca Pieragnoli, oltre che dallo stesso Marco Bonitta. Per lei, il Club Italia è stato un percorso molto consistente e lungo, vissuto tutto da schiacciatrice, tant’è che nel successo mondiale 2015 Under 18 a Lima, lei vinse l’MVP come schiacciatrice-ricevitore."

Ma Paola sa ancora ricevere oggi? "Oggi non lo so, magari non era una Piccinini, ma di sicuro era un ottimo ricevitore. Ma è anche vero che non sono i club che hanno il compito di fare management e orientamento dei ruolo delle giovani atlete. Forse più cosa federale perché poi ti ritrovi ad avere Egonu opposta, Antropova opposta, Nwakalor opposta, Frosini opposta... Un peccato averle tutte in quel ruolo perché poi alla fine in nazionale gioca una e la capostipite ha soli 25 anni..."

Oro a Parigi e tanto azzurro ai vertici europei e mondiali giovanili. Siamo un popolo di santi, poeti e pallavolisti. Ma la scintilla quando è scoccata? "Si deve andare indietro di molti anni, all’inizio dei processi selettivi. Si tratta di processi di qualità, con l'individuazione del talento, di chi può arrivare ad alto livello, delle giocatrici da tenere monitorate. Anche se non hanno la struttura fisica ideale, potrebbero emergere attraverso la competizione, e la nostra competizione è molto formativa. Prendiamo ad esempio Gaia Giovannini, che è figlia della competizione, così come, secondo me, lo è la medaglia d'oro olimpica della squadra."

Club Italia e non solo quindi? "Esatto. Oggi il Club Italia è una parte fondamentale dell’ingranaggio, e quell'oro, dopo le nostre selezioni, si è affinato in Serie A. Noi 'creiamo' giocatrici che diventano appetibili per gli allenatori di A1 e che arrivano sempre prima a giocare in quelle categorie molto competitive. Oggi è la Serie A che forma i giocatori della nazionale seniores."

Ma prima c’è del lavoro? "Sì, certo. La crescita di giocatrici come Egonu, il cambio di ruolo di Orro, la strategia formativa condivisa su Danesi, su Fahr, su Lubian. Diciamo che il merito che può avere l’attività giovanile è quello di aver impostato il percorso, ma soprattutto di averle selezionate, perché altrimenti sarebbero emerse con molta più fatica o con molta meno qualità. Aver dato a queste ragazze la possibilità di giocare partite decisive, quarti di finale, semifinali, finali negli eventi internazionali giovanili ha avuto un grande impatto."

Conta più quel momento che il risultato finale? "Esatto. Negli anni ho notato quanto faccia la differenza, a quelle età, aver vissuto l’esperienza di semifinali e finali dei campionati internazionali Under rispetto a chi non le ha vissute. Sono tutte partite con una forte componente emotiva e un elevato tasso tecnico, e sono quelle che più di tutte ci danno un’indicazione sullo stato di avanzamento dei lavori con ciascuna generazione."

"Ci dicono dove stiamo andando, contro chi ci andiamo a confrontare, quali saranno le prospettive delle squadre seniores nostre, ma soprattutto anche delle principali competitor e così via. Tutti quei dati che teniamo monitorati nel tempo ci permettono di capire come orientare il lavoro".

Si riesce quindi a capire in prospettiva chi ha ricambi per il futuro. Ad esempio ai Giochi alcune nazionali, tra cui la Serbia, hanno mostrato un roster "datato". Avete già visto se nell'immediato ci sono nuovi innesti di livello per il futuro in vista del nuovo ciclo olimpico? "Questo sì, si riesce a preventivare. L'unica nazione che non ti fa preventivare nulla sono gli Stati Uniti perché dopo l'attività internazionale giovanile ha una attività qualificante che è l'Università da cui escono le future squadre seniores, tantissime giocatrici che nell'attività giovanile non sono mai state viste".

"Ma per le altre nazioni lo studio è molto predittivo. La Serbia per esempio è una squadra con margini di sviluppo abbastanza basso, limitato. Penso a una Serbia in cui dovesse, nel giro di qualche anno, venire meno la possibilità di schierare Bošković, potrà contare sulla Uzelac e su una centrale che arriva dalla giovanile. Giocatrici molto interessanti, ma poi finisce tutto insomma".

"Forse anche Ognjenovic potrebbe avere il ricambio, però un palleggiatore bravo dal punto di vista tecnico è ancora tutto da fare dal punto di vista tattico e di gestione di squadra. Diciamo che è una delle nazioni con il più basso margine di ricambio".

Vale anche il rapporto sul numero di abitanti? "No, perché non esiste una correlazione tra sport come la pallavolo e basket, che sono selettivi dal punto di vista strutturale, rispetto al numero di abitanti"

Per quello che invece riguarda l'Italia? "Siamo una popolazione che per quanto riguarda la pallavolo è in incremento. Migliorano i sistemi di allenamento, migliorano i criteri di selezione. E giocatrici alte che si muovono bene stanno aumentando percentualmente. Un dato positivo, poi dopo bisogna farle giocare a pallavolo"

I risultati delle nostre giovanili continuano a essere clamorosi. 11 ori, un argento e un bronzo su 13 manifestazioni disputate due anni fa, poi sia lo scorso anno che quest'anno a medaglia con tutte le giovanili femminili.
"È una cosa clamorosa, tant'è che siamo sotto un'attenzione straordinaria da parte di tante federazioni straniere che ci stanno studiando. Stanno cercando di capire cosa facciamo".

Quello che fate è sotto gli occhi di tutti. Club Italia, nazionali, club di serie A con i rispettivi vivai, è davvero un buon momento"Tutto il sistema abbraccia un numero di atleti che in passato ce lo sognavamo quando il Club Italia era la fonte esclusiva di formazione. Siamo passati da 8-9 talenti di allora più giocatori di completamento ad oggi in cui vediamo 20-21 giocatori di primo livello per genere per biennio a cui poi si associano un numero ancora più elevato di giocatori di completamento.Siamo sulla trentina di giocatori per biennio. Un numero che permette di fare belle attività e creare competizione nei ruoli, creare anche dei meccanismi sani per dare stimoli allo sviluppo".

Luca Muzzioli

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