di Guillaume Degoulet
L'Equipe
PARIGI - Somiglia a un'estate magica, quasi perfetta.
A Parigi, sostenuti da un pubblico innamorato che ha reso l'Arena Sud il centro nevralgico delle Olimpiadi per quindici giorni, i Bleus hanno conquistato all'inizio di agosto il secondo titolo olimpico consecutivo, tre anni dopo il miracolo di Tokyo e meno di due mesi dopo il quarto trionfo nella VNL.
Questo nuovo trionfo, illustrato da due prestazioni magistrali in semifinale contro l'Italia campione del mondo di Simone Giannelli (3-0) e poi in finale contro la Polonia campione d'Europa di Wilfredo Leon (3-0), porta il sigillo della pallavolo francese, forgiata al Centro Nazionale di Pallavolo (CNVB), fondato più di quarant'anni fa a Montpellier.
Sul modello di Earvin Ngapeth o Trévor Clevenot, i pallavolisti francesi non sono i giocatori più fisici del pianeta. Ma sono puri giocatori di palla, artisti che combinano la scienza del gioco con una passione viscerale per la vittoria. Realizzare una doppietta olimpica, impresa riuscita solo alla defunta Unione Sovietica agli albori dei Giochi (1964, 1968) e poi agli Stati Uniti all'inizio dell'era moderna (1984-1988), in uno sport in cui concorrenza e universalità non sono parole vuote.
Ma al di là del risultato, è il modo in cui è stato raggiunto a colpire: i Bleus di Benjamin Toniutti e Antoine Brizard hanno giocato e vinto "alla francese", mettendo al centro del progetto il collettivo.
"Siamo una famiglia, ci conosciamo da quando eravamo piccoli", raccontava Earvin Ngapeth dopo la vittoria. "Questo non ci impedisce di essere tutti diversi. Ma la nostra forza sta nel fatto che accettiamo le nostre differenze e le usiamo per andare avanti insieme."
Il frutto di un'educazione, di una formazione. Il compimento per una generazione eccezionale che, già nelle sue giovani annate, aveva brillato vincendo gli Europei 2007, 2008 e 2009 nella sua categoria d'età. All'epoca, il mondo della pallavolo era dominato dal grande Brasile allenato da Bernardinho, con Giba, Ricardo e Gustavo, una delle squadre più belle della storia insieme alla Nazionale della Generazione di Fenomeni negli anni '90.
Oggi i Bleus sono entrati in quel cenacolo, di cui avevano infranto la porta d'ingresso nel 2015, firmando una clamorosa doppietta nella World League e nell'Europeo, con 27 vittorie in 28 partite quell'estate. La squadra dei "cani pazzi" di Laurent Tillie, autoproclamata "Team Yavbou", è oggi diventata una famiglia di saggi e professionisti trentenni, ora sotto la guida della leggenda italiana Andrea Giani, il cui contratto è appena stato rinnovato.
L'anno prossimo, il primo Mondiale della storia organizzato nelle Filippine costituirà probabilmente il loro ultimo grande obiettivo. A eccezione di una medaglia di bronzo nel 2002 in Argentina con Stéphane Antiga e Hubert Henno, il Campionato del mondo è sempre sfuggito ai Bleus, talvolta crudelmente, alla generazione Ngapeth. "Non essere mai riusciti a ottenere una medaglia in questa competizione ci tormenta", ammette Benjamin Toniutti, il capitano storico.
Sa bene che, subito dietro, la nuova generazione, che dovrà essere guidata, sta già emergendo. Infatti, a un anno dalla conquista del titolo mondiale U19 - una prima volta - la Francia ha realizzato un grande slam dorato in Europa, vincendo consecutivamente i tre Campionati Europei nelle categorie U18, U20 e U22. Alcuni giocatori, come il palleggiatore Amir Tizi-Oualou, i fratelli Hilir e Mathis Henno, Joris Seddik e Noa Duflos-Rossi, hanno tutto il talento necessario per continuare a scrivere in lettere d'oro la storia dei Bleus.
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