Superlega | 26 settembre 2024, 23:57

Piacenza: Elisabetta Curti, dalla gestione aziendale alla passione per il volley

Luca Muzzioli

Il numero uno di Gas Sales Bluenergy si racconta tra famiglia, affari e ambizioni future nella pallavolo

Elisabetta Curti cin il presidente Mattarella

Elisabetta Curti cin il presidente Mattarella

di Luca Muzzioli

ALSENO - Nel cuore di Alseno, provincia di Piacenza, nella luminosissima sede di Gas Sales, Elisabetta Curti, presidente del club piacentino di volley di Superlega - Gas Sales Bluenergy Volley - ci riceve per una chiacchierata a 360°, spaziando tra famiglia e pallavolo, azienda e speranze.

La prima domanda che le faccio è: chi è Elisabetta Curti? "Sono una signora di mezz'età, come abbiamo detto prima. Sono una persona normalissima, ambiziosa, con obiettivi chiari e cerco di fare il possibile per raggiungerli. Ovviamente ho delle responsabilità, sia familiari che lavorative. Mi reputo generosa, molto sensibile, ma anche sincera e diretta".

Stato civile? "Sono sposata con Bruno e abbiamo una bambina, Mia, che è una tifosissima. Viene sempre a vedere le partite e ogni anno sceglie un giocatore per cui tifare. Quest'anno ha scelto Uros Kovacevic perché lo vede sempre sorridente e questo le è piaciuto. L'anno scorso tifava per Brizard, l'anno prima per Romanò e prima ancora per Scanferla. È molto democratica, ogni anno cambia".

Azienda, pallavolo, famiglia: come riesce a gestire tutto? "Ovviamente non faccio tutto da sola. La scelta di entrare nel mondo del volley è stata una decisione familiare, investire nel mondo delle schiacciate anche per una spinta causata dalla situazione che si era creata a Piacenza, dove la precedente società stava per chiudere. Abbiamo deciso di costituire una nuova società, ricevendo il sostegno delle istituzioni e dei tifosi, e ci siamo resi conto, anche grazie al nostro marketing, che non era solo una scelta di cuore, ma poteva essere anche una scelta razionale. Il business che gestiamo entra nelle case delle famiglie, quindi la pallavolo poteva diventare anche uno strumento di comunicazione. Siamo entrati a piccoli passi, poiché per noi era tutto nuovo, e anno dopo anno ci siamo rafforzati inserendo sempre più figure professionali. Ora siamo al settimo anno e continuiamo a credere e investire in questo progetto".

L'azienda di famiglia ha radici in Friuli, ma voi siete originari di Alseno. È corretto dire che il legame con il territorio è importante per voi? "Mio padre è stato uno dei pionieri della metanizzazione in Friuli Venezia Giulia negli anni '70, un periodo in cui il gas metano non era ancora diffuso. Negli anni abbiamo sviluppato il business e diversificato le attività, fondando Bluenergy, operativa in tutto il nord Italia, e Gas Sales, che copre Emilia Romagna e il Basso Lombardo. Mio padre è il motore dell'azienda, una passione incredibile, e anche oggi continua a ispirarci".

Famiglia unita e motivata. Trasmettete questi valori anche nella squadra? "Assolutamente. Nonostante l'azienda sia cresciuta molto, manteniamo sempre i nostri valori. Ci siamo allargati, ma non dobbiamo perdere di vista il nostro DNA. Questo vale anche per la squadra, per la quale siamo orgogliosi di essere i primi a diventare CO2-free e a investire sulla sostenibilità. A breve pubblicheremo anche il bilancio di sostenibilità, e siamo i pionieri in questo campo".

Che cosa vi ha spinto a salvare la squadra di Piacenza?
 "Piacenza è una città a cui siamo molto legati. Mio padre dice sempre che la nostra azienda deve restituire al territorio quello che ha ricevuto. Quando la società di pallavolo stava per chiudere, abbiamo deciso di intervenire. Volevamo evitare che il volley, che è nel sangue di Piacenza, sparisse. È stata una scelta di cuore, ma con il tempo abbiamo capito che poteva anche essere una mossa vincente dal punto di vista del business e della comunicazione".

Pallavolo anche giocata?
"Anche se non ho mai giocato a pallavolo a livello agonistico, chi non ha mai giocato a pallavolo da giovane? Inoltre, abbiamo un direttore generale che ha giocato in Serie B, insomma avevamo già una certa esperienza nel settore".

Settimo anno senza crisi... L'entusiasmo sembra ancora vivo. "Sì, sette anni e tanta passione. Consideri che siamo partiti comprando il titolo in A2 e abbiamo attraversato il periodo del Covid, con l'interruzione del campionato. Sono stati anni difficili, ma la tenacia e la determinazione ci hanno permesso di andare avanti".

Siete partiti dalla Serie A2 quando altri puntano subito al titolo di A1. Volevate crescere a piccoli passi? "Per noi era un mondo completamente nuovo. Già la A2, impegnativa, è stato un grande salto. Abbiamo ricevuto molto affetto dalla gente e molta attenzione, che onestamente non ci aspettavamo. Forse perché siamo stati visti come salvatori, dato che c'era stata un'esperienza precedente che si era conclusa da poco. Inoltre, il primo anno in A2 è stato incredibile, abbiamo vinto tutto: Coppa Italia e campionato con la promozione. Poi, con l'aiuto di figure esperte come Zlatanov e Fei siamo passati nel massimo campionato".

Un ingresso in Superlega non semplice...
"Siamo entrati in Superlega, ma il primo campionato è stato interrotto a causa del Covid. È stato un periodo surreale, poiché l'unico svago era andare al palazzetto a vedere le partite. Ora, dopo diversi anni, ci stiamo abituando a questo campionato. Ogni anno è una scoperta, sia a livello di relazioni che di umanità, e con l'esperienza stiamo metabolizzando meglio il percorso".

Cosa l'ha delusa e cosa l'ha entusiasmata di più in questi anni? "Quello che mi ha deluso è stato l'atteggiamento di alcune persone, che forse non hanno dimostrato la stessa attenzione e determinazione che mettiamo noi nel lavoro. Ciò che mi ha entusiasmato di più è stata l’umanità e la fragilità dei giocatori. Non sono supereroi, ma persone come noi, e questo mi ha insegnato tanto anche a livello umano".

Interviene direttamente sulla squadra? "Ogni tanto, ma non è nel mio DNA essere autoritaria. Non sono una persona che alza la voce. Cerco piuttosto di fare discorsi basati sulla responsabilità, mentre altri, come il vicepresidente, sono più diretti e si occupano delle questioni più delicate".

A proposito di toni alti, ma è vero che i giocatori le hanno chiesto di essere più autoritaria? "È successo che dopo la fine della scorsa stagione, abbiamo organizzato un incontro con i giocatori che sono rimasti. È stato un confronto costruttivo in cui abbiamo ascoltato le loro critiche e richieste. Hanno espresso l'aspettativa che fossi più ferma e determinata, dicendo che si aspettavano che alzassi la voce in alcune situazioni. Ho registrato questa osservazione e l'ho presa in considerazione. Ci hanno anche fatto notare alcune mancanze su aspetti a cui avremmo dovuto prestare più attenzione. Abbiamo ascoltato queste richieste e, quest'anno, ci siamo impegnati a fornire ciò che ci avevano chiesto. È stato un dialogo che ha portato a miglioramenti, e ora mi aspetto che loro rispondano alle nostre aspettative sul campo".

Hai cambiato diversi allenatori negli anni, ma lo scorso anno, dopo una stagione non chiusa al meglio, ha confermato Anastasi. Avete voluto dare un segnale di cambiamento? "Abbiamo un bellissimo rapporto di confronto con Anastasi. Non possiamo dare la colpa all'allenatore per come è andata la stagione scorsa, ci sono state altre problematiche".

Quando la squadra vince, come festeggia? "Sono molto soft nelle celebrazioni. Godo del momento e poi penso già alla prossima sfida. È nel nostro DNA essere sempre proiettati al lavoro e al sacrificio. Credo che i risultati arrivino solo grazie al duro lavoro".

Quali risultati desidererebbe per questa stagione? "Puntiamo a essere tra le prime quattro in tutte le competizioni. Abbiamo lavorato duramente per costruire un mix di giovani talenti e giocatori esperti. Mi piacerebbe vincere un trofeo, possibilmente una Coppa o, sognando in grande, lo Scudetto. Sappiamo che Perugia e Trento sono più avanti di noi, ma credo che abbiamo le potenzialità per fare una grande stagione, soprattutto se riusciamo a raggiungere le semifinali. In quel momento tutto può accadere".

Il budget di una squadra di pallavolo di Serie A è difficile da sostenere? "Non è complicato se si parte con una chiara idea dei numeri. Tuttavia, negli ultimi anni i costi sono esplosi. Il budget non è solo dato dalla squadra, ma anche dalla struttura che la sostiene, il che rappresenta un costo significativo".

Come si forma il vostro budget? Quali sono le percentuali di copertura? "Oltre il 50% del budget è coperto dal nostro gruppo, un 30% proviene da altri sponsor e il restante 20% è rappresentato dal pubblico e da altre entrate, come i diritti televisivi. Però, gli introiti televisivi sono minimi, troppo".

Come si organizza durante l'anno, tra lavoro e squadra? "La gestione di una società sportiva è un impegno che richiede sette giorni su sette. Ovviamente non sono sempre fisicamente presente, ma il contatto e il confronto quotidiano con le persone che lavorano nella squadra sono essenziali. Negli ultimi anni abbiamo strutturato bene i ruoli e speriamo di aver seminato nel modo giusto".

Vi sta stretto il Palabanca? "Il Palabanca ha una capienza di 3600 posti, ma c'è la possibilità di aggiungere altre sedute. Siamo soddisfatti per ora, ma non nego che a volte potremmo desiderare più spazio per il pubblico".

Un voto alla società e al movimento della Superlega? "Darei alla nostra società un 7,5. Abbiamo fatto degli errori, ma siamo partiti praticamente da zero e abbiamo fatto grandi progressi. Quanto al movimento della Superlega, penso che ci sia ancora molto da fare, soprattutto a livello di dialogo tra le società e di visibilità del campionato, che meriterebbe maggiore attenzione da parte dei media".

Come vede il futuro della pallavolo? "Il volley meriterebbe molta più visibilità. In altri paesi, come la Polonia, hanno fatto un percorso di crescita culturale e trasmettono partite in prima serata. In Italia, invece, la pallavolo viene seguita soprattutto a livello nazionale, durante mondiali e olimpiadi".


 

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