MODENA - Nell’albo d’oro del primo campionato professionistico statunitense, la LOVB, c’è un nome italiano che spicca. È quello di Alessia Gennari, schiacciatrice classe 1991 che dall’autunno si è trasferita ad Austin ("una città meravigliosa") e contro ogni pronostico, nella settimana di finali a Louisville, Kentucky, ha inciso il suo nome nella prima riga dell’albo d’oro della lega con un risultato incredibile.
Vittoria 3-2 rimontando da 0-2 nei quarti di finale contro Salt Lake, vittoria 3-2 rimontando da 0-2 nella semifinale contro Atlanta, vittoria 3-0 in finale con Omaha che aveva eliminato lo Houston di Massimo Barbolini. "Non riesco ancora a metabolizzare bene, ma credo sia un traguardo importante, a suo modo storico. Vedremo col passare degli anni quando questa lega crescerà e diventerà importante, sono orgogliosa di aver vinto il primo titolo" racconta Gennari che poi si racconta a tutto tondo.
Alessia, come è nata l’idea di andare a giocare negli Stati Uniti? "L’occasione è nata a Conegliano: Kelsey Robinson è una delle madrine della Lovb già da qualche anno e mi aveva buttato lì l’argomento. 'Ti piacerebbe fare un campionato in America, stanno cambiando alcune cose?'. Ero interessata e avevo il desiderio di provare un’esperienza all’estero, la scorsa stagione questo desiderio si è fatto più concreto e Kelsey mi ha messo in contatto coi referenti della lega americana: da lì, con una call di presentazione del progetto e con un incontro di persona col presidente di Lovb, si è tutto concretizzato in occasione dei play off a Conegliano, club con cui ero in scadenza".
Austin, Texas: com’è? "Posso solo spendere bellissime parole per la città in cui ho vissuto in questi sei mesi. Una città a misura d’uomo, in dieci minuti di macchina sei dappertutto, ci sono tantissimi parchi, un fiume che la attraversa, le vie dello shopping e dei ristoranti, è piena di librerie, di sport all’aperto. Il clima è caldo anche d’inverno. E c’è musica dal vivo in ogni angolo delle strade".
Sì, ma un rodeo l’ha fatto? "Sono stata a un rodeo, qui è una sorta di religione, fa parte della loro cultura. Assieme al rodeo ho provato tutte le cose tipiche, dai tacos perché siamo al confine col Messico a tanto altro. La prima cosa che ho fatto appena arrivata? Prendere un paio di stivali texani e un cappello. Sono andata a sparare, sono andata in un ranch, ho provato davvero tutto".
E il campionato americano, com’è? "Vivendo negli Stati Uniti ti rendi davvero conto di quanti soldi servano per fare tutto. Per far crescere ancora di più il campionato, quindi, servono investitori. Ci sono giocatrici ed ex giocatrici che sono fondatrici della lega ma anche finanziatrici. Lo sport femminile americano è in crescita, senza dubbio, e creare una lega professionistica di volley è un’ottima idea anche perché crea più occasioni per i settori giovanili. Chiaro che il paese è complicato, per le distanze, per i costi delle palestre e delle infrastrutture in generale. Ci vorrà del tempo per far sì che il campionato arrivi a un livello più alto".
Lei tornerà in Italia però, a Busto Arsizio? "Sì, uno dei motivi per cui ho deciso di tornare in Italia è che ho percepito che per adesso questo campionato è il perfetto proseguimento per chi viene dal college o l’approdo delle americane che dopo una carriera tutta all’estero vogliono chiudere ‘a casa’. A volte mi sono sentita un po’ estranea, ma sono felicissima di aver fatto parte di questa annata storica. Poi c’è un’altra motivazione".
Cioè? "Probabilmente il prossimo sarà il mio ultimo anno, volevo essere in un ambiente famigliare, vicino casa".
Torniamo indietro, al suo campionato. Intanto coach Bonitta è andato via da Austin a metà stagione, perché? "So che è dovuto tornare per motivi personali, famigliari, di più non ho informazioni".
E la vittoria a Louisville? Che sapore ha avuto? "Devo ancora realizzare cosa è successo. Col fatto che il campionato è stato molto intenso ma anche breve e col fatto che l’ultima settimana di finali ha decretato tutto, facendo giocare almeno una gara secca a ognuna delle sei squadre, ciò che è successo è inaspettato, abbiamo vinto contro ogni pronostico. È stato il frutto di una stagione travagliata, al di là del cambio allenatore, di situazioni personali delicate, di tante sconfitte: venivamo da una regular season con sole 5 vittorie e 11 sconfitte".
Come siete riuscite allora a primeggiare? "Abbiamo sofferto più delle altre e abbiamo trovato la forza per portare a casa il trofeo. Siamo entrate nella storia, le prime vincitrici della lega professionistica americana, sento che è un qualcosa di importante, da ricordare".
E per lei personalmente? "Era la mia prima esperienza all’estero, coronarla con una vittoria è un grande orgoglio anche se non è andato tutto esattamente come volevo. Ho giocato meno del previsto, ho avuto anche qualche problema fisico, ho faticato ad adattarmi a nuovi ritmi di lavoro e di viaggio. A maggior ragione il successo significa tanto. Chiaro che negli ultimi anni, il risultato finale è stato forse più sentito in Italia ma credo mi serva ancora un po’ di tempo per metabolizzare quanto accaduto ad Austin".