CHIERI - Di Giulio Cesare Bregoli in rete si può trovare una pagina Wikipedia sul canale svedese, dove si può leggere che è un "allenatore di pallavolo italiano" e che nel 2024 sarà il nuovo CT della nazionale "Sveriges damlandslag i volleyboll", la nazionale femminile gialloblù, oltre al ricordare che è tecnico "per Chieri '76 Volleyball".
Bolognese d'origine, classe '74, il tecnico della Reale Mutua Fenera Chieri '76 è un "giramondo stanziale". Ha accumulato molte esperienze, ma "quando mi trovo bene in un posto ci resto a lungo". Prima del team collinare, il tecnico italiano ha allenato per sei stagioni in Francia al Saint-Raphaël.
Oggi la sua Chieri è sotto i riflettori, essendo alla vigilia della gara di ritorno della Cev Cup. In società, forte del successo per 3-0 nella gara di andata in Svizzera, si sta lucidando la bacheca dei trofei.
Coach, è stato un cammino lunghissimo iniziato all'inizio di novembre, facendo slalom tra campionato e Coppa Italia. Non vi siete fatti mancare nulla fino a questo punto.
"Infatti. In un anno molto intenso, perché con le Olimpiadi alle porte la stagione è stata compressa, non vorrei sbagliare ma credo che siamo alla 38esima partita giocata, con un ritmo di una partita ogni due giorni e mezzo. Abbiamo potuto svolgere una sola settimana di preparazione e lavoro tipo da quando abbiamo iniziato a giocare".
Un anno fa la vittoria della Challenge Cup, però, lei non ci tiene a sottolineare che questa è la seconda finale di coppa consecutiva. Perché?
"Perché non si possono fare confronti, ogni stagione è diversa, ogni coppa è diversa. Ci si arriva seguendo percorsi differenti. Abbiamo affrontato un torneo di livello rilevante. Non amo parlare del prima e del dopo, bisogna stare lì, su quello che è questa annata, senza fare paragoni".
La finale la giocherete nel sold out di Torino, un palasport molto più grande del vostro impianto di Chieri. Un vantaggio o uno svantaggio?
"Ci siamo abituati, in campionato si gioca spesso in impianti di quelle dimensioni, vedi Milano e Conegliano. Nel caso specifico di Torino è chiaro che è un grosso vantaggio con 5000 persone a sostenerci".
Nell'ultimo turno di campionato ha fatto riposare chi ha tirato maggiormente la carretta, ma non vuole sentir parlare di turnover, giusto? "Perché non è turnover. Mi infastidisce che considerando così quelle che invece sono rotazioni programmate si sminuisca l'importanza delle atlete che sono scese in campo".
"Anzi, per il successo di Cuneo voglio fare un grosso applauso alla squadra per come ha approcciato la partita e anche per il fatto che ha dimostrato che siamo una società sportiva che non prende le cose sotto gamba, che è andata a giocare per vincere, pur conscia dell'appuntamento con la coppa da giocare a breve distanza".
A proposito, come sta la squadra in vista di questa finale? "Sta bene, sono molto contento perché oltre a quelle che hanno giocato la partita di Parigi e poi quella di Neuchatel, hanno dato buoni segnali anche le ragazze che sono scese in campo domenica. Unica nota negativa la situazione di Morello che ha accusato una piccola distorsione alla caviglia, da valutare".
Nel girone di ritorno con le quattro big che vi precedono avete lottato maggiormente. Siete dove dovevate essere, è soddisfatto?
"Nì. Si può essere soddisfatti perché la nostra è una squadra che ha cambiato tanto, ma il divario di punti che c'è dalla quarta è un po' severo".
Lei è originario di Bologna, a Chieri ormai da cinque stagioni. Parla dialetto piemontese? "Parlo anche francese (dopo 6 stagioni transalpine, ndr). Qui sto bene, lavoro bene, è una città bellissima. L'anno prossimo sarò ancora qui, poi, siccome il mio lavoro è un mestiere che è patria del mondo, si vedrà".
Questo è l'anno olimpico. In azzurro ha vissuto i Giochi di Tokyo, quella esperienza le ha lasciato qualcosa?
"A Tokyo abbiamo vissuto le Olimpiadi in modo molto particolare con il Covid che ci ha impedito di vivere al meglio l'atmosfera olimpica. Era tutto molto blindato. È un cruccio che spero di riuscire a togliermi un giorno, magari da primo allenatore".
Magari con la Svezia di Isabella Haak di cui è diventato CT da pochi mesi? "È una strada lunga. C'è la grande sfida di qualificarsi agli Europei se non verranno organizzati in Svezia. Poi abbiamo ancora prima le qualificazioni mondiali. Solo dopo si potrebbe iniziare a pensare di sognare in grande. E sognare non è vietato".
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