Olimpiadi - 11 agosto 2024, 11:40

Olimpiadi: La battuta di Giani. "Ho vinto qualche ora prima di Velasco..."

Il Ct della Francia campione olimpico la prossima stagione costretto ad allenare all'estero per gli impedimenti sul doppio incarico

Andrea Giani ora ha vinto davvero tutto!

Andrea Giani ora ha vinto davvero tutto!

PARIGI - Andrea Giani in lacrime, salta in campo con i suoi giocatori, abbraccia tutti, canta, gioisce. Erano lacrime trattenute da quell'ultima palla finita sull'asta ad Atlanta 1996 quando l'Italia della Generazione di Fenomeni chiuse il capitolo Velasco con un argento amaro.

Ieri il Giangione, patrimonio della pallavolo italiana, ha fatto inorgoglire l'Italia vincendo le Olimpiadi di Parigi da allenatore della Francia.

Un successo netto sulla Polonia non solo per il risultato, un 3-0 senza repliche polacche, ma per gioco e stile. La Francia si è confermata una squadra con gioco corale e sistema di primissimo livello, dove oggi un campione celebrato come Ngapeth non è perno del risultato ma componente, seppur sempre importante, della squadra, Di una squadra che in Patry e Clevenot, atleti che in Italia hanno trascorso solo manciate di stagioni, ha trovato i suoi punti di riferimento come il regista di Piacenza Brizard i centrale della Lube Barthélémy Chinenyeze.

Messo alla porta da Modena un anno fa (società ieri alle prese con un vero e proprio "shit storm" sui propri canali social per mano e click dei tifosi che hanno pesantemente criticato il club che si era complimentato su Facebook per l'oro con il solo Roberto Ciamarra, assistente allenatore gialloblù e della Francia, senza fare il minimo cenno proprio a Giani e Ngapeth, per anni pilastri della storia modenese), ieri Giani si è preso una bella rivincita, anche con la storia.

I 28 anni trascorsi da Atlanta 1996 non hanno infatti cancellato la ferita. Anche se Velasco dice che non bisogna parlarne, Giani ne parla eccome. Era l'unica medaglia che gli mancava.

"Non è la stessa cosa che vincere da atleta o da allenatore, ma sono veramente contento, è straordinario". Poi sorride: "Sono contento di esserci arrivato qualche ora prima di Julio. La mia è una battuta, sono convinto che l'Italia femminile e Julio hanno una grande possibilità e se la giocheranno, però sono contento che come Francia abbiamo vinto la seconda medaglia d'oro, che è già una roba difficilissima, nel torneo oggi più difficile della storia della pallavolo. E lo abbiamo fatto con il gioco".

"Questa squadra qui è uscita l'anno scorso per tanti motivi fisici, in una stagione abbiamo perso un sacco di partite, posizioni di ranking. Abbiamo perso una finale terzo e quarto posto che non volevamo, ma l'abbiamo persa. Però quello che è stato chiaro, quello che dovevamo fare per riprendere la nostra posizione, era cambiare il modo di giocare, migliorarci tecnicamente".

"Ho messo alcune regole nel gruppo, poi tecnicamente questa squadra è cambiata nel gioco. Abbiamo fatto un grande lavoro sulla battuta, abbiamo fatto un grande lavoro sul muro, abbiamo fatto un grande lavoro sull'attacco. Difendere e ricevere è importante, però se non fai punti perdi. E quindi questo modo di lavorare diverso è stato recepito molto bene dai giocatori. La squadra ha preso confidenza, perché quando migliori e vinci con il gioco, con quelle cose con cui lavori tutti i giorni, su cui gli ho rompo le palle tutti i giorni... Questo come allenatore mi emoziona, perché è una squadra che ha sviluppato il gioco, è una squadra che trova soluzioni nei momenti difficili, che è abituata a stare in situazioni difficili e a vincere".

"Poi, ripeto, abbiamo fatto le ultime due partite con le due squadre più forti degli ultimi tre anni, l'abbiamo fatto perché gli abbiamo messo la pressione tecnica addosso, non perché c'è Ervin, c'è uno o l'altro, perché la squadra tecnicamente ha messo pressione a due squadre che perdono poche volte e contro le quali se tu vuoi vincere devi mettere pressione tecnica e lo devi saper fare, cosa che abbiamo fatto".

E' un po' la rivincita anche del gioco, del sistema di gioco sulle squadre di solisti, che magari hanno tantissimi solisti, ma poi nel sistema di gioco fanno più fatica?
"Questo livello, dopo Tokyo, è cambiato molto. Propone squadre che sono cresciute molto nel gioco. Il Giappone, la Slovenia. La Slovenia gioca di sistema, non è che c'è un giocatore che risalta, ci sono tanti giocatori che giocano ad alto livello. Vale per il Giappone e doveva valere anche per noi, perché questo è quello che ci diceva l'analisi dell'anno scorso. La scorsa stagione ci aveva confermato che se volevamo stare a quel livello, dovevamo cambiare noi e l'abbiamo fatto. Siamo migliorati tanto".

Avete rivinto, come è riuscito solo a URSS (1964, 1968) e Stati Uniti (1984, 1988). Ci siete riusciti  esattamente con gli stessi uomini di Tokyo. Come si fa a motivarli ancora, a farli essere ancora lì? Gli Stati Uniti cambiarono sestetto, hanno cambiato oltre all'allenatore altre cose, voi siete gli stessi e tu li hai motivati per tornare a vincere loro... "Non è che ci siamo solo motivati, è che tecnicamente sono cambiate delle cose in questa squadra e le hanno accettate i giocatori in primis, anche i ruoli sono cambiati rispetto a Tokyo. Questa è stato secondo me la chiave per migliorarci in tutto e per tutto, con un gruppo di giocatori, questi che sono stati in campo sono tutti giocatori protagonisti, lo sono stati in tutta la stagione e non c'è più una prima donna come c'era una volta. Qua se non fai le cose come devono essere fatte stai in panchina, se hai problemi fisici lavori, come è successo, perché in questo livello qui c'è bisogno di fisicità e di tecnica vera".

L'allenatore campione olimpico, italiano, allena in Polonia il prossimo anno. "Questo non è un problema, lo sapete tutti insomma, non può essere un mio problema perché il mio lavoro e la mia passione mi porta a voler allenare sia il club che la nazionale e Polonia mi dà questa opportunità qui e lo faccio molto volentieri".

Hai detto che è diverso giocare per una medaglia, vincere una medaglia da giocatore che da allenatore, in cosa è diverso? "Il giocatore è quello che attacca, mura, batte, difende, che alla fine vince e perde, quello che all'inizio della partita, le due ore prima della partita, sente la pressione, il peso del risultato, il peso della performance. L'allenatore non è così, deve aver fatto bene una pianificazione, deve aver fatto bene un lavoro per portare i giocatori a livello. Dopo la partita fai i cambi, chiami i time out, ma non sei tu il protagonista della partita. Questa è la differenza".

Luca Muzzioli

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