PARIGI - È un'Italia gioiosa, felice, quella del post-gara olimpico, e non fugge dai microfoni.
È una squadra che parla, spiega, sorride e cerca di trattenere le lacrime di gioia, un’operazione che non è riuscita a tutte. Myriam Sylla, schiacciatrice, palermitana, nata da genitori ivoriani, è l'unica che non ha la medaglia al collo. Suo padre ha voluto assaporarla in prima persona; lei si guarda intorno, la rivede e si tranquillizza, poi si racconta con l'esuberanza che la contraddistingue: "Dite che sono stata devastante? Grazie, ma volete sottolineare che in precedenza non lo ero?" E ride. "È stato un torneo fantastico per tutte, tutte quante. Siamo in 13 e questa medaglia ce la siamo guadagnata tutte insieme. Una vittoria che nasce anche da quanto accaduto in precedenza; qui dentro a questa medaglia c'è tutto questo. Magari non è stato bellissimo, ma vale perché tutti quei pezzi di cammino formano l'oggi".
Lì vicino c'è il fidanzato, Alessandro Cappelletti, toscano, playmaker della Dinamo Sassari. È tornato a Parigi per l'occasione della finale olimpica, un mordi e fuggi. In serata è infatti ripartito per tornare in Sardegna per la preparazione. La domanda sul futuro personale non tarda. Abbiamo letto che come regalo vuoi un figlio. "Parlate piano, lì c'è anche mio padre. Ma sì, in futuro sì".
Sylla su Velasco: "È speciale, ci ha trasmesso determinazione e concentrazione. Ci ha insegnato il focus sul momento, a non pensare troppo in là. In due, tre mesi ha avuto poco tempo per insegnarci qualcosa, ma ha riaperto il vaso dove era rinchiusa la nostra qualità".
Anna Danesi, capitana, svela segreti. Lei, centrale azzurra, nativa di Roncadelle nel bresciano, comune italiano che per densità di popolazione e medaglie olimpiche se la vede con le grandi nazioni del medagliere parigino (oltre a Danesi si contano anche gli ori di Giovanni De Gennaro nella canoa e di Alice Bellandi nel judo), definisce la sua squadra come "indistruttibile, per quello che abbiamo passato in questi anni. Ci siamo anche un po' distrutte, ma alla fine è tutto qua", dice seria, "in questa medaglia".
Poi torna l'emozione, il sorriso. "Per non ripetere gli errori delle precedenti Olimpiadi, in cui pensavamo all'ultimo giorno, ci siamo auto-convocate tutte insieme tutti i giorni precedenti ogni gara per focalizzarci solo su quella. A volte le riunioni duravano solo pochi minuti, ma eravamo nel giusto focus".
Sul podio, ricevuta la medaglia, la scambia con Sylla: "È stata la mia prima compagna di stanza quando a 13 anni, per la pallavolo, ho lasciato casa. Ne abbiamo passate tante insieme, ci siamo date tanto, questo scambio è per sapere che io ho la sua medaglia e lei la mia, per sancire questa nostra lunga esperienza insieme".
Bella gente, belle emozioni. Chi non trattiene le lacrime è Monica De Gennaro, detta da tutti Moky, eletta nel sestetto ideale dei Giochi come miglior libero. Un anno fa era fuori dalla nazionale; quest'anno è rientrata per dare un grande contributo, che è andato oltre il ruolo di giocatrice. A 37 anni, moglie di Daniele Santarelli, a fine gara è stata festeggiata dalle compagne e lanciata in aria come si fa con chi ha qualcosa in più da celebrare.
Fugge al pensiero di un ciclo che per lei forse è finito qui, nel migliore dei modi: "Mi hanno lanciato forse perché sono la più vecchia di tutte, o forse ho la maglia diversa...".
Poi è il momento delle dediche e lì, gli occhi di Moky tornano lucidi: "La dedico a tutta la mia famiglia, perché per arrivare a vincere questa medaglia uno pensa che ci si arriva così, ma non è così. Ho sacrificato tanto e loro comunque sono sempre stati al mio fianco anche nei momenti meno facili, quindi la dedico assolutamente a loro perché senza di loro non sarei qua".
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