di Marco Fantasia*
PARIGI (Francia) - Medaglia d'oro. La prima della storia del volley italiano. L'unica in uno sport di squadra a Parigi. L'hanno fatta grossa, le nostre ragazze. Talmente grossa che resterà per sempre nella storia dello sport, e non solo del nostro amatissimo volley.
E quanto è stato bello accompagnarle, anche con un pizzico di commozione alla fine, e al tempo stesso accompagnare il pubblico che le ha seguite lungo tutta l'avventura; un pubblico in crescita costante perché si sa, anche chi non segue la pallavolo, anche chi non segue lo sport in generale, davanti a una finale con le maglie azzurre in campo si appassiona. E pazienza se l'amico esperto, quello che sa analizzare anche l'angolo d'incidenza di un bagher di ricezione, dovrà fare da Cicerone per spiegare perché c'è una ragazza con la maglia diversa dalle altre che non batte e non schiaccia.
Il boom televisivo era atteso, anche se forse non in questi termini: l'11 agosto alle 13 quasi la metà dei televisori accesi in Italia era sintonizzata su Rai2 e sulla partita. Oltre il 40%, oltre i cinque milioni e mezzo. Dato che non include tutti quelli che erano in gruppo davanti a un maxischermo, o per conto proprio, in spiaggia, col cellulare in mano e RaiPlay attiva. A quanto arriviamo? Sei milioni? Sei e mezzo? Sarebbe bastato molto meno per far capire una volta di più quanto questo sport, soprattutto a livello femminile, sia radicato nella nostra pur non spiccatissima cultura sportiva, così soffocata dall'invadenza del calcio.
Si è già detto tanto, tutto, sull'alchimia perfetta che si è creata tra questo gruppo di giovani atlete e un tecnico così lontano anagraficamente da loro ma così mentalmente giovane da convincerle a sintonizzarsi sulla sua lunghezza d'onda, sul suo metodo fatto di pochi ma incisivi consigli tecnici e soprattutto di consigli umani, saggi. Il “qui e ora” come stile di vita e di lavoro, un piccolo insegnamento per tutti noi e per il nostro quotidiano, che ogni giorno può proporci una piccola impresa, una medaglietta da conquistare affrontando un problema alla volta, un pensiero alla volta.
È cominciato tutto in sordina, con la prima tappa della VNL giocata senza le titolari, e poi proseguita in un crescendo magnifico, che non si è mai arrestato neanche davanti a una serie di infortuni che avrebbe potuto togliere sicurezze. Nessuno lo avrebbe mai confessato, certo, ma nei minuti prima della finale eravamo certi che sarebbe finita così, le Azzurre erano ormai un treno in corsa inarrestabile.
Per noi che le seguiamo da tanti anni, da semplici appassionati prima, da “addetti al racconto” poi, una soddisfazione impagabile e la consapevolezza che finalmente questo gruppo si è espresso secondo le potenzialità che conoscevamo ma che non sempre si erano viste sul campo.
A voler fare i pignoli ci mancano un Europeo, un Mondiale e forse un'Olimpiade, ma insomma, come dice Julio, smettiamo di guardare al passato o al futuro e concentriamoci su ciò che abbiamo, non su ciò che ci manca. Però l'Olimpiade ci mancava, ossessione o no, e adesso c'è. E a stretto giro c'è il Mondiale, già conquistato con il fantastico gruppo “tedesco” del 2002.
Per quell'appuntamento recupereremo le infortunate mancate a Parigi, a cominciare da Pietrini, e probabilmente vedremo emergere qualcuna delle nostre under di successo.
Le nostre ragazze hanno ancora fame, spinte da un movimento altrettanto famelico. Ma intanto godiamoci il quadrangolare di Courmayeur, la Supercoppa di Roma (entrambi gli eventi saranno in diretta sulla Rai) e il campionato che verrà, che ci permetterà di ammirare le protagoniste di questa medaglia.
Dai riscontri numerici sugli ascolti capiremo se quest'oro ha avvicinato al volley nuovi appassionati (i duemila al raduno di Conegliano sono già un bel segnale), oltre a portare tante bambine in più in palestra, sognando le schiacciate di Egonu o le difese di De Gennaro.
* Giornalista, telecronista Rai. Voce della pallavolo femminile sui canali Rai
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